Dall’Olimpiade di Sydney a quella di Londra, tra soddisfazioni e delusioni: Rossano Galtarossa si racconta. E poi consiglia: “Il canottaggio è uno sport per tutti”

 

Quattro medaglie (1 oro, 1 argento e 2 bronzi) su sei partecipazioni ai Giochi Olimpici. Dieci medaglie ai Campionati del Mondo, di cui 5 d’oro, e 15 titoli tricolori. Il palmares di Rossano Galtarossa è il risultato del talento e della tenacia di un atleta che si è avvicinato ai remi per caso. Veneto, alto due metri, è uno dei pochi atleti italiani andato a podio in quattro edizioni dei Giochi olimpici.

Canottiere per caso?

“È iniziato tutto per una coincidenza. Quando avevo 12 anni giocavo a basket, ma ero cresciuto molto in fretta per la mia età. Ho pagato questo rispetto ai miei coetanei, proprio perché non ero bravo nel gioco. Così, su consiglio di un istruttore di educazione fisica, ho cercato uno sport alternativo. Solo la curiosità mi ha avvicinato al termine canottaggio“.

Quando è scattata la passione?

“Per 3 anni l’ho affiancato al basket, poi ho lasciato la pallacanestro, nonostante non avessi ottenuto ancora risultati in barca. Ma sentivo che c’era del potenziale. Mi ha aiutato molto a credere in me e a migliorare la mia autostima, dopo l’esperienza vissuta nel basket”.

Qual è stato il momento più bello della carriera?

“La medaglia conquistata nel 2000 all’Olimpiade di Sydney. Sono passati 18 anni, ma il ricordo è ancora vivo. E’ stato un momento da incorniciare”.

E quello più brutto?

“Pensavo che potesse essere il quarto posto ad Atlanta, quando da favoriti, per 30 cm, abbiamo mancato il podio. Considerando che le nostre gare si svolgono su 2 km, è stata una vicenda dura da digerire, ma è successo di peggio: all’Olimpiade del 2012 a Londra, avevo compiuto 40 anni un mese prima. Ero in formissima, avevo una forma fisica migliore a quella di quattro anni prima”.

Cosa è successo?

“Sono stato tolto dall’equipaggio per un capriccio di un commissario tecnico. Allora ero il capitano della Nazionale, è stata una mancanza di rispetto nei miei confronti, visto che non mi era stato comunicato, e poi una scelta sportiva sbagliata: arrivammo all’undicesimo posto”.

Quanta preparazione fisica occorre?

“La gara dura pochissimo, va dai 5 ai 7 minuti, ma il canottaggio è uno sport completo in cui serve molta preparazione. Resistenza, potenza e forza sono fattori che richiedono adattamenti metabolici che si ottengono con l’allenamento. Noi siamo atleti pesanti, ci muoviamo 40 volte al minuto sopra lo scafo. Il tutto richiede molta tecnica.

E l’allenamento “mentale”?

“Questo è un aspetto che viene considerato di più negli ultimi anni. All’inizio della mia carriera è stato tralasciato, cosa sbagliata: per me è importantissimo. La tecnica e la testa fanno la differenza. Per ottenere buoni risultati, c’è una solidità mentale da preparare”.

Il canottiere al ristorante…

“Gli allenamenti permettono di consumare molte calorie, possiamo essere delle buone forchette… tranne se si appartiene alla categoria che impone un peso limitato. Non è stato il mio caso, quindi nei periodi di allenamento, a tavola ci si divertiva. Con gli anni il metabolismo rallenta e quindi ho dovuto regolarmi. Negli ultimi due anni di attività ho seguito l’alimentazione a zone con ottimi risultati”.

Barca per tutti: pro e falsi miti

“È uno sport all’aria aperta, e questo è il primissimo punto di forza. L’unica capacità richiesta è quella di saper rimanere a galla: una volta che si prende confidenza con l’attrezzo, il gioco è fatto! È uno sport completo, senza traumi e richiede un pizzico di equilibrio. La fatica? È un falso mito. E poi è davvero per tutti, per i ragazzini di 10 anni fino agli amatori di 80 anni”.

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