Il 13 novembre è la Giornata Mondiale della Gentilezza, Focusonyou la festeggia, mettendo in primo piano l’importanza del fair play per chi pratica sport. E non solo

 

Il mondo ha bisogno di gentilezza e noi ancora di più. E di fair play. Introdotta in Italia nel 2000, la giornata Mondiale della Gentilezza è una ricorrenza importante e merita un’eco speciale. Cortesia, buone maniere, correttezza, grazie, scusa, per favore: non sono parole purtroppo scontate, anzi. Soprattutto per chi pratica uno sport singolo o di squadra, ma anche per coloro che semplicemente frequentano da spettatore o da amatore gli ambienti sportivi. E’ un’attitudine che non può mancare il fair-play, termine inglese ma – grazie al cielo – globalizzato che indica un’etica comportamentale in campo e fuori, e che sempre più spesso viene dimenticata.

Più fair play nel calcio

Dimenticato persino dai campioni, modelli di riferimento importanti, che ne dovrebbero fare maggior e miglior uso, oggi il fair play è divenuto anche un riconoscimento importante: istituito nel 1996, si chiama Premio Gentleman Fair play e l’hanno vinto grandi campioni di calcio del calibro di Del Piero, Pirlo, Ronaldo, Figo a Maldini e Kaka.

Ancor più bello pensare che il fair play non è un’esclusiva degli adulti, ma anzi, che sono spesso i ragazzini e i piccoli grandi pulcini delle grandi squadre a ricordarcelo. Singolare e meraviglioso il caso del dodicenne Christian Totti che, durante l’ultima edizione della Madrid Football Cup, solo, davanti alla porta, ha preferito non segnare per soccorrere il piccolo portiere avversario rimasto a terra dopo uno scontro durante l’azione precedente. Una vera lezione di gentilezza, ma soprattutto di stile, eleganza ed educazione, che ha fatto il giro del mondo.

Fair play negli sport a squadre

Fra gli sport a squadre, il rugby ha insegnato davvero molto sul fronte del rispetto per l’avversario. “Basti pensare al terzo tempo, cioè a fine partita si mangia insieme alla squadra avversaria. Questo succede a tutti i livelli: dal rugby basico al professionistico. E poi durante le fasi di gioco, in caso di infortuni anche non gravi, il gioco si ferma”, dice Giuseppe Foschi, giocatore nel ruolo di flanker del Cus Milano in serie A, che aggiunge: “Il rispetto per l’avversario viene insegnato dalle prime apparizioni in campo da bambini. Inoltre quello che differenzia il rugby dagli altri sport è anche un estremo rispetto verso l’arbitro.

Fair play negli sport singoli

Grandi maestri di fair play: Federer e non il solo. Chi si dimentica Andy Roddick al match point del Foro Italico. Era il 2005. Lui corresse, a suo sfavore, l’arbitro che gli aveva appena aggiudicato il punto. Perse l’incontro.

Stiamo parlando di tennis appunto, forse uno dei primissimi sport che ha messo al centro delle sue performances regole di vita e buona educazione prima di tante altre.

Sulla terra rossa il fair play, oltre che rispetto per le regole è inteso anche e soprattutto come riconoscimento dei propri limiti, quindi accettazione della sconfitta. “Subito quando cominciano a giocare, a 7/8 anni, insegnamo loro a stringere sempre la mano all’avversario al termine della partita. Anche perché non dobbiamo dimenticare che il tennis giocato a medi livelli, da piccoli, adolescenti e adulti, è un gioco in cui ci si arbitra da soli. In più è individuale. Fondamentale quindi una forma di rispetto e di correttezza per l’avversario”, spiegano Davide Montanari e Marco del Giudice, entrambi istruttori di primo grado della FIT (Federazione) e titolari dell’ ASD (Associazione Sportiva Dilettantistica di Calvairate (Mi), centro sportivo e vero punto di ritrovo e di aggregazione.