Cibo = felicità. Quanto è vera quest’equazione, soprattutto in Italia? Ma che connessione vi è tra cibo e felicità? Ne abbiamo parlato con la nostra esperta

Succede a tanti, di guardare un bel piatto di spaghetti al pomodoro con gli occhi a cuoricino. O di desiderare solo tornare a casa da una giornata impossibile, per affondare il cucchiaio nel vasetto di Nutella e lenire così le frustrazioni. Perché il cibo non è solo nutrimento, ma anche gioia, conforto, passione.

Soprattutto nel Belpaese, dove il cibo è cultura e tradizione, e soprattutto in determinati periodi dell’anno, come questo a cavallo tra la primavera e l’estate, dove gli sbalzi di temperatura e i cambiamenti meteorologici possono indurre anche a frequenti sbalzi d’umore.

Quindi, quali sono le connessioni tra cibo e buonumore? E soprattutto, è vero che alcuni cibi possono incrementare il nostro livello di felicità? Ne abbiamo parlato con la nostra esperta Lyda Bottino, nutrizionista. Ecco cosa abbiamo scoperto.

Il legame tra cibo e felicità

Perché il cibo ci rende felici? “L’evoluzione ha fatto sì che l’essere umano collegasse il reperimento di cibo con una sensazione di piacere, per spingerci a cercarne ancora. Tutti i cibi, dunque, in una certa misura, ci rendono felici. Tuttavia, ci sono poi sostanze come lo zucchero che vanno a stimolare dei recettori della gratificazione che sono comuni a tutte le droghe eccitanti (come per esempio la cocaina). Il piacere momentaneo però, seguito da ipoglicemia reattiva, si spegne rapidamente e può generare instabilità emotiva e sbalzi d’umore”.

Il legame tra cibo e ormoni

Quali sono gli ormoni legati al benessere e alla felicità? Cosa succede nel nostro corpo quando questi vengono secreti?

“Davanti a un buon piatto di pasta, è possibile che alcuni degli ormoni legati al sentimento della felicità vengano prodotti. Tra questi, la serotonina, secreta per la stragrande maggioranza a livello intestinale, un neurotrasmettitore tipico della calma e serenità interiore. Attenzione, però: un intestino disbiotico può non essere più in grado di trasformare il triptofano, un aminoacido essenziale presente in alcuni alimenti, in serotonina, con riflessi negativi sull’umore in genere.

Poi vi è la dopamina, l’ormone della gratificazione e dello stimolo, lo strumento di dialogo tra il cervello rettiliano, sede degli istinti primordiali, e gli stimoli motivazionali razionali del cervello corticale. Il raggiungimento di obiettivi gratificanti fa produrre dopamina e induce a rafforzare autostima e piacere.

Infine, l’ossitocina, ovvero l’ormone dell’amore, dell’affetto, delle cure filiali e parentali. Scoppia nel cuore dell’innamorato, che non capisce più nulla, ma ahimé dura poco”.

Cibo e cambio di stagione

Ogni cambio di stagione di solito coincide con un umore più mogio. A cosa è dovuto questo generale intristimento?

“Il cambio di stagione richiede semplicemente dei riadattamenti corporei come la riduzione (o l’ispessimento) degli strati di grasso, la riduzione o l’aumento delle ore di sonno, la predisposizione alla digestione di alimenti diversi. Sono adattamenti fisiologici verso i quali siamo perfettamente attrezzati, e che non dovrebbero in alcun modo preoccuparci, in una situazione di salute ed equilibrio.

Invece capita che si arrivi ai cambi di stagione totalmente impreparati, passando ore e ore al buio o con luce artificiale, mangiando sempre gli stessi cibi “senza stagione”, con la sveglia che suona sempre alla stessa ora e in ambienti a temperatura sempre controllata.

In tal modo, perdiamo il valore dei segnali provenienti dall’ambiente che ci circonda (fotoperiodo, cambio dell’alimentazione, sonno, temperatura) e ci troviamo di colpo nella stagione calda (o fredda) senza che il corpo ne sia minimamente preparato.

Una delle cause delle allergie stagionali, o delle influenze (il cui scopo è l’eliminazione di tossine e allergeni), risiede spesso proprio in queste errate abitudini. Una graduale esposizione all’ambiente naturale può invece attenuare e rendere di nuovo fisiologiche le reazioni naturali a cui il nostro corpo “quasi perfetto” è predisposto”.

Esistono davvero i cosiddetti cibi del buonumore?

Spesso sentiamo dire da sedicenti esperti che esistono determinati cibi, che più di altri, sono predisposti a innalzare il buonumore e a indurre uno stato di piacere nell’organismo. Tra questi? Di sicuro il cioccolato, ma anche la pasta, i legumi o il salmone.

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Ma è vero che basta mangiare questi cibi per ritrovare la felicità? “Direi che nessuno di questi è di per sé in grado di innalzare il buonumore, come non lo è alcuna formula chimica o alcun antidepressivo. La presenza di triptofano, un aminoacido essenziale, in alcuni alimenti come il cioccolato, non è condizione sufficiente.

Servono due condizioni preliminari. La prima, come già spiegato prima, è un intestino sano, non disbiotico, in grado di trasformare a livello intestinale il triptofano in serotonina. La seconda è una contemporanea presenza di carboidrati e una relativa “assenza” di aminoacidi in competizione con il triptofano per lo stesso recettore.

Ecco dunque che l’abbinamento di buone proteine (uovo, salmone, formaggi, frutta secca) con carboidrati a lenta cessione (riso integrale, legumi) può offrire un mix adeguato al passaggio di triptofano/serotonina nel nostro cervello.

Se però alcuni di questi alimenti (per esempio, il glutine della pasta, formaggi o legumi) ci causano pesantezza digestiva o infiammazione, non vi sarà alcun effetto positivo, essendo l’effetto dell’infiammazione di gran lunga meno “calmante” per l’organismo rispetto a qualche molecola di triptofano in più.

Insomma, è il caso di dire che quando si parla di cervello le semplificazioni eccessive diventano inaccettabili. La complessità delle nostre risposte cerebrali, in grado di adattarsi attivamente a milioni di segnali interni ed esterni, non sono riducibili a calcoli chimico-matematici. Il buonumore nasce da una vita sana, ricca di stimoli e in dialogo con tutti i segnali provenienti dal mondo esterno. Tenerlo a mente ci aiuterà a non fare errori”.