L’obesità infantile è un fenomeno sempre più dilagante, come mai? Lo abbiamo chiesto ad alcuni esperti.

obesità infantile

L’obesità infantile è una triste realtà, soprattutto in Italia. Lo rivelano gli ultimi dati della Childhood
Obesity Surveillance Initiative dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: l’Italia ha il maggior tasso di obesità infantile tra i maschi (21%).

Di questi, è obeso ben il 42% dei maschi e il 38% delle femmine. Dati allarmanti, se si pensa che questa fascia d’età è quella in cui metabolismo e ormoni ancora non dovrebbero andare a compromettere il peso.

Considerato che siamo il Paese della dieta mediterranea – una delle più equilibrate al mondo, Patrimonio immateriale dell’Unesco -, cosa è andato storto? E soprattutto, noi genitori come dobbiamo comportarci per insegnare la corretta alimentazione ai nostri figli?

Abbiamo affrontato l’argomento con Alessandra Marcazzan, psicologa, psicoterapeuta, svolge attività di ricerca, formazione e clinica nell’ambito del disagio infantile e adolescenziale presso il Minotauro, Istituto di analisi dei codici affettivi con sede a Milano.

Obesità infantile: un’analisi sociologica

“Non è un fattore di ciò che si mangia e nemmeno di quantità, ma di cultura. Sappiamo tutti che la qualità dei nostri alimenti è ottima e controllata, ma le nostre tradizioni culinarie si incentrano su relazioni affettive che promuovono il cibo come legame, dipendenza dei bambini dalla madre, soprattutto.” Spiega la dott. Marcazzan.

‘Non ti piace qualcosa? Ti cucino il tuo piatto preferito, pur di farti mangiare’: quante volte abbiamo visto questa scena? Ma così non educhiamo i nostri figli a sviluppare un loro gusto, anche a sperimentare il senso del sacrificio delle proprie scelte (scelgo di non mangiare perché non mi piace = salto la cena), ma cerchiamo di colmare i vuoti o alcune mancanze educative con il cibo.

Al di là del peso eccessivo, che è pericoloso per la salute, se un bambino è obeso, significa che anche nel contesto relazionale e affettivo qualcosa non funziona”.

Obesità infantile: il ruolo dei genitori

“L’alimentazione è un bisogno primario e soprattutto per i bambini, che ancora non conoscono il controllo, i genitori fungono da regolatori, non solo delle quantità, ma anche dell’impulso della fame.

Spesso però i genitori fanno fatica a sintonizzarsi sulle esigenze dei piccoli: per esempio, un neonato sappiamo che piange per mille motivazioni, ma la prima a cui pensiamo tutti è sempre che abbia fame. Così anche quando cresce, la risposta alimentare è sempre la più immediata.

Ma così magari non stiamo facendo altro che proiettare sul bambino i nostri bisogni e le nostre ansie: se lo sfamo di più o lo accontento, preparandogli sempre la pasta in bianco, mi vorrà più bene, sarò considerata una brava madre. Ma non funziona così: nell’età infantile siamo noi adulti a dover dare ai bambini delle regole, che si porteranno dietro anche da adulti”.

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Obesità infantile: cibo come conforto?

Quanti sono i bambini che si rifugiano nel cibo come bene di conforto? Quali sono i meccanismi che li spingono a cercare il cibo ossessivamente? “Attenzione: il cibo è un bene di conforto solo per gli adulti. Non sentirete mai di un bambino che affonda il cucchiaio nella Nutella solo perché ha litigato con l’amichetta!

Piuttosto i bambini mangiano per noia o per gratificazione: soprattutto i bambini in età scolare cercano uno stimolo per gratificare il proprio palato, per ottenere un immediato senso di piacere. Quindi, se colleghiamo che un bambino può amare una determinata merendina al fatto che faccia poco movimento, il risultato è deleterio.

A questo, aggiungiamo che spesso mangiano per noia: in assenza di stimoli esterni, passano il tempo, mangiando davanti alla tv o ai videogiochi. Qui, dobbiamo essere bravi noi adulti a offrire alternative che li facciano sentire protagonisti per non cercare compensazione nell’alimentazione. Di solito, l’obesità si riscontra nei bambini poco autonomi o molto dipendenti dalla famiglia.

Aiutiamoli a sviluppare una certa autonomia, a essere soggetti attivi della propria crescita: non sentiamoci in colpa se non finisce il piatto di pasta. Non significa che non era buono, ma che magari è sazio. Rispettiamo il suo sentire, senza per forza metterci in discussione come genitori”.

Obesità infantile: l’importanza del movimento

“Anche qui parliamo di gratificazione: i bambini che fanno sport o attività fisiche che li gratificano, di solito sono meno soggetti a obesità.

E a proposito di videogiochi, attenzione a non cadere nel tranello: non demonizziamoli o non facciamo inutili paragoni col passato. Sarebbe bene alternare le attività con la Play a quelle fisiche, di squadra o all’aria aperta. Ma non è detto che se un bambino sceglie i videogiochi è perché le alternative non interessano: magari vi sono ostacoli che solo qualche decennio non esistevano.

Per esempio, giocare per strada, oppure recarsi al parchetto da soli con gli amichetti, senza la supervisione di un adulto, oggi è meno frequente: esistono rischi e pericoli un tempo impensabili. Quindi, tenerli tranquilli con il cellulare è un’alternativa protetta in cui spesso incappiamo senza volere.

Se poi parliamo di adolescenti, l’attività fisica è un argomento delicato: oggi i nostri ragazzi vivono costantemente bombardati da ideali di bellezza irraggiungibili. A quell’età i cambiamenti fisici sono qualcosa che sfuggono al loro controllo, così piuttosto che cimentarsi in uno sport, che comporta un confronto su abilità e forma fisica, preferiscono rifugiarsi nel mondo virtuale, dove possono ottenere riconoscimenti di valore (per esempio, nei giochi online) ed essere apprezzati, senza mostrarsi davvero.

Insomma, oggi sulla forma fisica c’è davvero uno sguardo ossessivo: dobbiamo essere noi adulti i primi a non stigmatizzare i nostri bambini. Se hanno delle forme più rotonde del solito, non c’è motivo di preoccuparsi. L’obesità è una forma di patologia, che comporta rischi per la salute, come ipertensione o diabete, finora sconosciute nell’infanzia: se ravvisate qualcuna di queste conseguenze, è bene rivolgersi subito a un medico specialista”.