I bambini affetti da ADHD non vanno obbligati a stare fermi: per apprendere meglio, vanno incentivati al movimento. Ecco come

 

ADHD

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L’infanzia è l’età in cui i bambini sono più agitati, nervosi, reattivi e iperattivi. È normale, devono scoprire il mondo che li circonda, giocare, fare esperienza delle cose positive e negative che possono accadere.

Spesso però questa iperattività non è la normale condizione infantile, bensì un disturbo conosciuto in medicina come ADHD, acronimo di Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder, secondo cui il bambino fatica a concentrarsi su una sola attività, ma passa da una all’altra, senza sosta e agitandosi nervosamente.

Mentre i sintomi e gli atteggiamenti sono più evidenti in età scolare, già in età adolescenziale l’iperattività dovrebbe diminuire sensibilmente. Irrequietezza e disattenzione però, potrebbero permanere anche in età adulta.

Se finora si credeva che per aiutare questi bambini bisognava spingerli a rimanere immobili alla loro postazione, cercando di focalizzare la loro attenzione sui concetti spiegati, oggi gli ultimi studi scientifici svolti sull’argomento confutano questa teoria: per aiutare questi bambini, occorre stimolarli al movimento, lavorando sulla loro working memory.

Cosa significa? Ecco quanto abbiamo scoperto.

Che cos’è l’ADHD

L’ADHD è un disturbo del comportamento caratterizzato da disattenzione, iperattività e impulsività che influisce anche sulla capacità di apprendimento. Secondo le ultime statistiche, colpisce il 5% dei bambini statunitensi, se non addirittura l’11%, secondo l’agenzia nordamericana Centers for Disease Control and Prevention. Un censimento del 2012, invece, ha rilevato il disturbo in 5 milioni di bambini europei.

I sintomi includono: nervosismo, parlantina senza sosta; non riuscire a star seduti composti, necessità di muoversi continuamente; giocare con qualsiasi cosa a portata di mano; distrarsi facilmente, dimenticare oggetti; passare da un’attività all’altra; difficoltà a focalizzare l’attenzione su un compito; difficoltà nell’elaborare informazioni e a seguire istruzioni. A questi disturbi si aggiunge l’impulsività, un fattore che rende complicate le relazioni sociali con i coetanei.

Le cause dell’ADHD

Al momento, l’ipotesi più accreditata suggerisce che l’ADHD sia in parte ereditaria, in parte causata da fattori ambientali: studi su gemelli hanno infatti confermato che l’ADHD è associata a un alto fattore ereditario (circa il 75% dei casi).

Altri studi, invece, rinviano all’incidenza della cattiva alimentazione: additivi alimentari, coloranti, edulcoranti, conservanti, agenti stabilizzanti andrebbero assolutamente eliminati nell’alimentazione infantile.

I bambini ADHD hanno una differente capacità d’apprendimento

Studi scientifici dichiarano ora che, contrariamente a quanto si pensava, ostacolare il movimento ai bambini affetti dalla sindrome ADHD è controproducente per l’apprendimento.

I bambini affetti da ADHD possiedono una modalità di apprendimento diversa, hanno bisogno di muoversi per focalizzare l’attenzione e le energie.

“Lo sport è compatibile con la quotidianità di un bambino ADHD e rappresenta anzi un fattore molto positivo nel percorso di trattamento – spiega la dottoressa Miolì Chung, psicoterapeuta comportamentale e fondatrice dell’Istituto di Psicologia Salem. 

Accanto all’introduzione di un sano stile alimentare, l’attività fisica è importante per sviluppare e mantenere un buon equilibrio emozionale, oltre che fisico. È fondamentale, infatti, per la salute psicofisica del bambino, imparare a metabolizzare le sue emozioni senza danneggiare se stesso e gli altri.

Saper gestire le proprie emozioni lo aiuterà sensibilmente nell’attenuare i disturbi di iperattività e quelli che ne conseguono (ansia, angoscia, depressione, insicurezza)”.

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Movimento e ADHD: lo studio scientifico

Uno studio condotto dal professor Mark Rapport, del Children’s Learning Clinic of Central Florida, pubblicato sul “Journal of Abnormal Child Psychology” nel 2015, ha scoperto l’efficacia del movimento – quello spontaneo – nel trattamento dell’ADHD.

Per esempio, impedire a un bambino che soffre di ADHD di tamburellare le dita, agitare le gambe e dimenarsi nello svolgere i compiti è controproducente. Questi sono tutti movimenti necessari a esso, in quanto così esercita funzioni cognitive.

“Gli interventi classici che si usano per ridurre l’iperattività sono esattamente l’opposto di quello che bisognerebbe fare per la maggior parte dei bambini con ADHD – spiega Rapport nel suo studio.

Il messaggio non è ‘lasciateli correre per la stanza’, ma ‘bisogna riuscire ad agevolare i loro movimenti, in modo che possano mantenere il livello di attenzione necessario per le attività che richiedono uno sforzo cognitivo”.

Lo studio ha monitorato 52 bambini maschi, fra gli 8 e i 12 anni. 29 di questi erano già stati diagnosticati con la sindrome. Ai bambini sono stati assegnati dei test standardizzati in modo da valutare la working memory, ovvero la memoria che immagazzina temporaneamente le informazioni necessarie a svolgere un compito cognitivo.

I ricercatori hanno mostrato ai bambini numeri a caso e una lettera sul monitor di un pc, osservando la capacità di mantenere l’attenzione sul compito. Ebbene, il movimento continuo non era onnipresente nei bambini affetti da ADHD, ma si manifestava soprattutto quando questi svolgevano compiti cognitivi (apprendimento, memorizzazione, elaborazione di informazioni…).

In questo senso, il muoversi per loro ha uno scopo ben preciso: quello di completare funzioni esecutive. “Quello che abbiamo scoperto è che la maggior parte di loro, quando si muove molto, ha performance decisamente migliori. Questi bambini devono muoversi per rimanere attenti”, chiarisce Rapport.

Il movimento come beneficio nell’apprendimento dei bambini ADHD

Lasciare quindi che questi bambini si muovano durante l’apprendimento, ma anche che facciano attività fisica può essere una buona soluzione, quindi, per il trattamento efficace di questo disturbo.

L’Istituto d’Istruzione Superiore Polo-Bonghi di Assisi ha intrapreso un progetto pilota in questo senso con il metodo WAL, ovvero Walk and Learn, una disciplina medico-olistica basata sulla duplice attività fisica e cognitiva.

Mentre camminano, ascoltano in cuffia brani audio della durata di 30/40 minuti, studiati e creati appositamente per andare incontro agli interessi più vari.

Testato con le classi seconde dell’istituto, quindi con ragazzi di 15 anni, il metodo ha proposto ogni settimana un’ora di allenamento psico-fisico. Essi dovevano camminare, fare stretching, ascoltare e apprendere nuovi contenuti culturali in compagnia, il tutto seguito da un momento di riflessione e discussione di quanto ascoltato.

WAL si è rivelato un valido sostegno per i bambini iperattivi e per gli adolescenti problematici, nonché un ulteriore strumento formativo.